GESU' FIGLIO DI DIO NOSTRO SALVATORE

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Gesù non ha bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di Lui!

IL VECCHIO E NUOVO TESTAMENTO,LA PATRISTICA, SANTI CRISTIANI,PREGHIERE,LITURGIA E SPIRITUALITA' CRISTIANA.

domenica 30 novembre 2008

30 11 2008 SANT'ANDREA APOSTOLO

SANT'ANDREA APOSTOLO

Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro. Il Vangelo di Giovanni (cap. 1) ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!". Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!". Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”". Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Matteo 4,18-20).
Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria" (Marco 13). Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.
E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo. E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso. E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”. Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre.
Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo. Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso.


Autore: Domenico Agasso

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SAN MARTINO DI TOURS

SAN MARTINO DI TOURS

Quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e il suo nome dato a migliaia di paesi e villaggi; come anche in Italia, in altre parti d’Europa e nelle Americhe: Martino il supernazionale. Nasce in Pannonia (che si chiamerà poi Ungheria) da famiglia pagana, e viene istruito sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo, senza però il battesimo. Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo.
Lasciato l’esercito nel 356, raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario: si sono conosciuti alcuni anni prima. Martino ha già ricevuto il battesimo (probabilmente ad Amiens) e Ilario lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posizione di prima fila nella lotta all’arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore); e quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l’attivismo, anche perché non tutte le notizie sono ben certe.
Fa probabilmente un viaggio in Pannonia, e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi lo troviamo in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia, dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Un anno dopo fonda a Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa.
Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Di qui intraprende la sua missione, ultraventennale azione per cristianizzare le campagne: per esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva.
Quando muore a Candes, verso la mezzanotte di una domenica, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua festa si celebrerà nell’anniversario della sepoltura, e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin.


Autore: Domenico Agasso


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San Leonardo di Vandoeuvre e San Leonardo di Noblac Santi eremiti di stirpe franca

San Leonardo di Vandoeuvre e San Leonardo di Noblac Santi eremiti di stirpe franca





Dopo la conversione dei Franchi, avvenuta alla fine del V secolo, si ebbe, nella dolce terra di Francia, la fioritura dei Santi solitari e penitenti.
Era necessario dare, a quella popolazione da poco convertita ma ancora protervamente desiderosa di dominio e di ricchezze, l'esempio della più sublime rinuncia, della più alta spiritualità e della più fervente carità.
Due Santi di questo tipo, vissuti quasi contemporaneamente in Francia, hanno ambedue il nome di Leonardo: Leonardo da Tongres e Leonardo da Noblac. Il primo, morto verso il 575, è festeggiato oggi; il secondo tra non molto, il 6 novembre.
Leonardo da Tongres si stabilì in un romitorio nella diocesi di Mans, in una località detta Vandoeuvre e oggi chiamata, in suo onore, Saint-Léonard-des-Bois. Alcuni discepoli lo seguirono presto nella solitudine boscosa di Vandoeuvre, dove si formò quindi un monastero di solitari e penitenti.
San Leonardo di Noblac vien detto figlioccio di San Remigio, il convertitore del Re Clodoveo e della Regina Santa Clotilde. Per quanto di nobile discendenza, anch'egli scelse la vita dell'eremita, stabilendosi in una celletta nei pressi di Limoges. Anche attorno a lui si raccolsero alcuni compagni, che dettero vita -e vita esemplare - al monastero di Noblac. Un aspetto dell'insegnamento di questi due Santi fu particolarmente importante. Essi predicavano che non dovevano esserci differenze, nell'ordine spirituale, tra servi e padroni, tra nobili e schiavi. Tutti, liberi o sottoposti, avevano il dovere di servire la gloria di Dio e il diritto di provvedere alla perfezione della propria anima, soprattutto attraverso la vita monastica.
Questi insegnamenti, se malamente o malevolmente interpretati, potevano avere ' nella primitiva società dei Franchi, un aspetto quasi sovversivo. Infatti, nel caso di San Leonardo da Tongres, alcuni calunniatori riferirono al Re Clotario che l'eremita, invitando alla vita monastica tanto i liberi quanto gli schiavi, minava pericolosamente le basi della società francese.
Il Re mandò i suoi ufficiali per allontanare dal paese il sovvertitore. Questi però furono favorevolmente colpiti dall'umanità e dall'evangelica saggezza del Santo penitente tanto da far presto ricredere il Re nella sua opinione. Clotario fece allora dono generosamente all'eremita della foresta entro la quale egli viveva con i suoi compagni.
Proprio per questo inusitato insegnamento, la tradizione devota attribuì ai due Santi di nome Leonardo la prodigiosa liberazione di innumerevoli prigionieri." Tutti gli incarcerati i quali elli visitava - scrive di uno di essi la Leggenda Aurea - immantenente erano assoluti ". E ancora di più: " Chiunque chiamava il nome suo ne la carcere, incontanente si rompevano i legami, e andava libero senza contradiamento di persona ".
Anche dell'altro San Leonardo si legge che " impetroe a Domenedio che chiunque fosse tenuto in pregione, incontanente che chiamasse il nome suo, fosse libero ". Per questo, gli ex voto più frequenti nei santuari dei due Santi, dopo la loro morte, furono le catene appese dagli ex prigionieri, che attribuivano la loro liberazione all'intercessione dei due eremiti, veri sovversivi in quella grande rivoluzione cristiana che è la Carità.

La prima cosa certa che riguarda s. Leonardo di Noblac o di Nobilicum o di Limoges, è che le prime notizie sulla sua esistenza risalgono al secolo XI, nelle “Historiae” di Ademaro di Chabannes scritte verso il 1028; dove si racconta che nel 1017, venne scoperto un supposto capo di s. Giovanni Battista a Saint-Jean-d’Angély e i fedeli dei dintorni accorsero portando le reliquie dei loro santi fra le quali quelle di s. Leonardo confessore nel Limusino.
Qualche anno dopo il 1030, fu messa in circolazione un’anonima “Vita sancti Leonardi” con l’aggiunta della descrizione di nove miracoli a lui attribuiti.
Secondo gli studiosi agiografi successivi, questa “Vita” è molto favolosa, ma rimane comunque il più antico racconto e ad esso ci rifacciamo.
Leonardo nacque in Gallia al tempo dell’imperatore Anastasio I (491-518), i suoi genitori erano nobili franchi amici di re Clodoveo (481-511), il quale volle fargli da padrino nel battesimo.
Da giovane rifiutò di arruolarsi nell’esercito, come era uso per i nobili franchi e si pose come discepolo di s. Remigio, arcivescovo di Reims (438-530), il grande evangelizzatore dei Franchi che aveva convertito e battezzato lo stesso re Clodoveo.
Il santo vescovo aveva ottenuto dal re convertito, di poter chiedere la liberazione dei prigionieri che avesse incontrato e anche Leonardo, preso da grande fervore di carità, chiese ed ottenne lo stesso favore, liberando così un gran numero di infelici prigionieri, vittime delle guerre barbare di quei tempi.
La sua santità andava molto diffondendosi e Clodoveo I gli offerse la dignità vescovile, che Leonardo rifiutò, ritirandosi come eremita prima presso S. Massimino a Micy, poi si diresse a Limoges. Si racconta che attraversando la foresta di Pavum nei pressi di Limoges, dove si era stabilito, si trovò a soccorrere la regina Clotilde, che era al seguito del re Clodoveo per la caccia e che era stata sorpresa dalle doglie del parto; Leonardo con le sue preghiere, le concesse di superare i dolori e quindi di dare alla luce un bel bambino.
Clodoveo per riconoscenza, gli concesse parte del bosco per edificarvi un monastero, che lo stesso Leonardo delimitò montato su un asino.
Il santo eremita edificò un oratorio in onore della Madonna, dedicando anche un altare al suo maestro, s. Remigio, da tempo defunto in fama di santità.
Un pozzo da lui scavato si riempì miracolosamente di acqua e chiamò quel luogo “Nobiliacum” in ricordo della donazione di Clodoveo, re nobilissimo.
Le regioni già cristiane di Germania, Aquitania, Inghilterra, furono pervase dalla fama che circondava il santo eremita; sia a Micy presso Orléans, che a Nobilac accorrevano malati di ogni genere, che solo a vederlo, ritornavano guariti; ma soprattutto il santo liberava i carcerati, che erano essenzialmente prigionieri di guerra (si ricorda che la pena in quei secoli era corporale o pecuniaria per le punizioni, la detenzione serviva per riscuotere i riscatti).
I prigionieri dovunque lo invocassero, vedevano le catene spezzarsi, i lucchetti si aprivano, i carcerieri si distraevano, le porte si spalancavano; questi infelici riacquistata la libertà, accorrevano da Leonardo per ringraziarlo e molti rimanevano con lui.
Parecchi familiari del santo eremita si stabilirono nei dintorni del monastero con le loro famiglie, dando così origine ad un villaggio, che poi prenderà il suo nome. S. Leonardo morì il 6 novembre di un anno verso la metà del VI secolo, certamente dopo il 530, anno in cui era morto il suo maestro, a cui aveva dedicato un altare.
Dall’XI secolo, il suo culto prese ad espandersi in tutta l’Europa Centrale, ed altre ‘Vite’ successive, con racconti di strepitosi miracoli a lui attribuiti, ne aumentarono la conoscenza e la devozione; furono erette in suo onore varie centinaia di chiese e di cappelle, il suo nome fu inserito nei toponomastici e nel folklore popolare.
Fu particolarmente venerato all’epoca della crociata e tra i suoi devoti si annovera il principe Boemondo d’Antiochia (Boemondo d’Altavilla, 1050-1111, figlio di Roberto il Guiscardo) che preso prigioniero dagli infedeli nel 1100 durante la I crociata, venne liberato nel 1103, attribuendo la sua liberazione al santo che aveva invocato; quando tornò in Europa donò come voto al santuario di Saint-Léonard-de-Noblat, delle catene d’argento, simili a quelle che lo tenevano legato.
Il ‘Martirologio Romano’ lo celebra il 6 novembre; s. Leonardo è molto raffigurato nell’arte, quasi sempre con le catene, simbolo della sua particolare protezione per i carcerati ingiustamente; per questo è patrono anche dei fabbricanti di catene, di fermagli, fibbie, ecc., inoltre viene invocato per i parti difficili, mali di testa e malattie dei bambini; contro la grandine ed i banditi; a lui si rivolgono anche gli obesi.
In Belgio è patrono dei minatori del bacino minerario di Liegi; introdotto dai Normanni, il suo culto si diffuse anche in Sicilia, testimoniato dalle tante opere d’arte che lo raffigurano, come del resto in tutta Europa.


Autore: Antonio Borrelli

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SAN LEONARDO

La vita, Il culto e L’iconografia di San Leonardo



La vita. A partire dall'XI secolo, San Leonardo occupa un ruolo assai rilevante nella devozione popolare e nel culto cristiano, anche se di lui non si hanno molte notizie certe. I primi cenni della sua vita si trovano nelle Historiae di Ademaro di Chabanne, risalenti al 1802 circa e, sempre nello stesso periodo, cominciò a diffondersi un'opera omonima, la Vita Sancti Leonardi, che presentava anche la descrizione di nove miracoli a lui attribuiti. Questa fonte però, che per secoli pretendeva di conoscere ogni avvenimento della vita del Santo, non venne considerata attendibile dai Bollandisti (i Padri Geusiti che studiano e pubblicano le Vite dei Santi) che la giudicarono piena di leggende.

Pare certo, invece, che Leonardo nacque in Gallia sotto Atanasio, l'Imperatore d'Oriente che regnò dal 491 al 518. Apparteneva ad una famiglia di nobili Franchi amici del re Clodoveo (465-511), il quale, da poco convertito al Cattolicesimo, volle fargli da padrino al Battesimo.

Diventato grande, Leonardo non seguì il desiderio paterno di arruolarsi nell'esercito ma si mise al seguito di San Remigio. L'arcivescovo di Reims, infatti, avendo battezzato il re Clodoveo, aveva ottenuto di liberare tutti i prigionieri che avesse incontrato sulla strada. Pertanto, anche il giovane Leonardo chiese di poter liberare quegli infelici, e la sua fama di uomo pio e santo cominciò a diffondersi così in fretta che il re volle offrirgli gli onori vescovili che però rifiutò.

Si ritirò invece nel monastero di Micy, vicino a Orlèans, dove si trovava San Massimino e anche in questo luogo si occupò degli umili e dei carcerati, mentre cresceva la fama della sua santità. Dopo la morte di Massimino, avvenuta nel 520, Leonardo abbandonò Micy e si diresse verso Limoges.Attraversando la foresta di Pavun, forse Pauvain, soccorse nel bosco la regina Clotilde sorpresa dai dolori del parto. L'aiuto e le preghiere del Santo le permisero di dare alla luce un bel bambino e Clodoveo, per riconoscenza, gli concesse una parte di quel bosco per edificare un monastero. Leonardo costruì un oratorio dedicato alla Madonna e un altare in onore a San Remigio. Quindi scavò un posso che si riempì miracolosamente d'acqua e diede al luogo il nome di Nobiliacum o Noblac, in ricordo della donazione di quel nobilissimo re.

La fama di Leonardo si diffuse rapidamente in Aquitania, in Inghilterra e in Germania. Si racconta che i prigionieri che lo invocavano vedevano spezzarsi miracolosamente le catene e molti accorrevano da lui per ringraziarlo; giunsero anche molti malati che guarivano e gli stessi parenti del Santo si stabilirono con le proprie famiglie vicinoal Monastero di Nobiliacum. Nacque così Saint-Leonard de Noblat, che esiste ancora oggi, così come la fontana miracolosa.

Secondo il Martirologio Romano, Leonardo sarebbe morto il 6 novembre di un anno imprecisato, probabilmente nel 599.

Attorno al suo sepolcro affluirono, ben presto, numerosi pellegrini e con le offerte che essi lasciavano al monastero si costruì una grande comunità religiosa, presso la quale si sviluppò una fiorente cittadina dedita al commercio e favorita da speciali immunità.

Più tardi, la diffusione della vita del Santo ne accrebbe in tutta Europa la popolarità e la devozione religiosa: sorsero così numerose chiese e cappelle erette in suo onore e il suo nome ricorre frequentemente nella toponomastica e nel folklore.

San Leonardo fu particolarmente venerato durante le Crociate e fra i più devoti la tradizione ricorda il principe Boemondo d'Antiochia, fatto prigioniero dagli infedeli nel 1100. Dopo la sua liberazione, avvenuta per intercession del Santo nel 1103, egli donò al Santuario di Saint-Leonard de Noblat delle catene d'argento come ex voto. Torna Sopra



Il culto. In Italia il culto di San Leonardo oltre ad essere festeggiato a San Leonardo è abbastanza diffuso anche nelle varie regioni e nelle principali città: Venezia, Milano, Vicenza, Verona, Mantova, Cremona, Vercelli, Rieti, Pisa, Lucca, Ferrara, Napoli, Gaeta. Nell'Italia meridionale, la devozione per il Santo fu introdotta dai Normanni ed Egli è particolarmente celebrato a Catania, Trapani, Agrigento, Messina e nell'isola di Procida. In Puglia è tutt'ora ben conservata la chiesa di San Leonardo di Siponto, risalente all'XI secolo, in stile romanico-pugliese e con un ricco portale, meta di preghiera per i pellegrini diretti in Terrasanta.

In Sardegna si trovano numerosi centri che hanno delle chiese dedicate al Santo. Oltre a Serramanna troviamo infatti Villanova Monteleone, Burgos, Oschiri, Sestu, Setzu. Anche a Cagliari esisteva una chiesa dedicata a San Leonardo: sorgeva sulla via omonima (ora Via Baylle) e occupava probabilemnte l'area del vecchio mercato. La chiesa fu demolita dopo il XVI secolo e la statua fu trasportata nella vicina chiesa di Sant'Agostino dove sarebbe tuttora custodita. Infine San Leonardo è particolarmente venerato nell'omonima basilica di Siete Fuentes, presso Santu Lussurgiu.

La Chiesa festeggia San Leonardo il 6 novembre.

A San Leonardo di Cutro si festeggia l'ultima domenica del mese di aprile.



L'iconografia. Originariamente patrono dei carcerati, San Leonardo è diventato il prottetore di molte categorie di devoti: fabbri, fabbricanti di catene, ceppi, fibie e fermagli, puerpere, agricoltori, minatori e anche briganti.

La diffusione del culto e la costruzione in tutta Europa di chiese a lui dedicate hanno variamente arricchito l'iconografia del Santo.

Egli venne prevalentemente raffigurato in abiti monastici, bianchi o scuri, oppure con le sembianze di un giovane diacono in dalmatica e, solo raramente, in paramenti vescovili. Gli attributi più comuni sono le catene o i ceppi dei prigionieri liberati e a ciò si aggiungono spesso il libro, la croce e la bandiera.

Fra gli episodi che si riferiscono alla vita del Santo, ricorre frequentemente il Battesimo ad opera di San Remigio, l'assistenza offerta alla regina Clotilde durante il parto, la fondazione di Nobiliacum.



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http://www.daddo.it/santo.htm

SANTI ELISABETTA E ZACCARIA

SANTI ELISABETTA E ZACCARIA


Elisabetta e Zaccaria erano i genitori di Giovanni Battista, prescelti da Dio per la loro devozione, la purezza di cuori e il grande amore verso il prossimo. Elisabetta, nonostante la sua santità, era sterile: una vergogna per una donna ebrea che si vedeva esaltata soltanto nella maternità. Ma proprio perché sterile lei entra nel novero delle grandi figure femminili ebree che per grazia di Dio hanno dato la vita a personaggi fondamentali nella storia religiosa del popolo di Dio. La sua condizione di donna sterile resa feconda dalla grazia divina attesta come Dio ami costruire le sue più belle opere dal nulla, dalla povertà delle sue creature. Dopo l’annuncio della prossima maternità, Elisabetta, si tiene nascosta per cinque mesi, per essere unita a Dio: le sue giornate sono così suddivise tra silenzio, preghiera e meditazione. Natole il figlio, decide di chiamarlo Giovanni con pieno consenso del marito, dopo di che Elisabetta scompare nel nulla. Zaccaria, come Elisabetta, era giusto, pio e santo, perché osservava scrupolosamente la legge di Dio. Essendo ormai vecchi, egli pregava ugualmente per avere la grazia di un figlio. Egli fu ascoltato e ottenne miracolosamente un figlio. Inizialmente era incredulo all’annunzio celeste della nascita di un figlio per il quale aveva pregato con tanto ardore; per credere ha bisogno di un segno: egli, infatti, rimarrà muto fino a quando verrà alla luce Giovanni. A parte ciò Zaccaria era un uomo scrupoloso, sacerdote esemplare, dotato anche dello spirito di profezia e degno di essere il padre del cosiddetto “precursore del Messia”.






nomi di Santa Elisabetta e San Zaccaria non compaiono nel Calendario della Chiesa, ma per lunga tradizione questo giorno è sacro alla memoria dei genitori del Battista, cioè di Santa Elisabetta e di San Zaccaria, suo sposo.
Troviamo la loro storia nelle prime, mirabili pagine dell'Evangelo di San Luca, nelle quali è tracciato il prologo del più incredibile avvenimento della storia dell'umanità: l'Incarnazione di Dio tra gli uomini.
" Al tempo di Erode, re della Giudea - si legge - c'era un sacerdote di nome Zaccaria, la cui moglie era delle figlie di Aronne e si chiamava Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e camminavano in modo irreprensibile in tutti i comandamenti e precetti del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile, e tutti e due erano molto avanti con gli anni ".
La mancanza di una discendenza era considerata quasi un'onta, e formava il segreto tormento dell'anziana coppia di Israeliti. Ma un giorno, mentre Zaccaria offriva l'incenso nel Santuario, un Angiolo gli apparve alla destra dell'altare, per annunziargli che le preghiere sue e di Elisabetta erano state finalmente esaudite.
" Tua moglie ti darà un figlio - disse l'Angiolo - al quale metterai nome Giovanni. Egli sarà per te motivo di gioia e di contentezza, e molti gioiranno per la nascita di lui, perché sarà grande nel cospetto del Signore... ".
Così il vecchio sacerdote e la sua sterile moglie vengono a partecipare al sublime evento dell'Incarnazione. Nascerà da loro Giovanni, " profeta dell'Altissimo ", il primo e più grande testimone di Cristo nel mondo.
Per aver dubitato delle parole dell'Angiolo, Zaccaria resterà muto per tutto il tempo della trepidante maternità di Elisabetta. E fu in quel periodo, trascorsi sei mesi, che Elisabetta ricevette la visita di una lontana parente, Maria di Nazaret, sposa del falegname Giuseppe.
" Entrata in casa di Zaccaria - narra ancora San Luca - Maria salutò Elisabetta. Ed avvenne che, appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel seno, ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo e ad alta voce esclamò: "Benedetta tu sei tra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno... Te beata, che hai creduto, perché si compiranno le cose dette a te dal Signore" ".
Sant'Elisabetta fu così la prima donna a salutare in Maria la Madre del Redentore non ancora nato. Si può dire che sia la prima credente nella storia del Cristianesimo. Maria le risponderà con il meraviglioso cantico di ringraziamento, non a lei, ma alla potenza di Dio, il Magnificat.
Dopo la nascita di Giovanni, la lingua di Zaccaria si scioglierà per poter pronunziare il nome di Giovanni, imposto dall'Angiolo al figlio, " profeta dell'Altissimo ". E anche Zaccaria pieno di Spirito Santo, alzerà il suo inno di gioia e di benedizione:
" Benedetto sia il Signore, Dio d'Israele, -perché ha visitato e redento il suo popolo; -ha suscitato per noi un potente salvatore - nella casa di David suo servo - come aveva annunziato per bocca dei suoi santi e dei suoi profeti - fin dall'inizio dei tempi ". Con la Natività, Elisabetta e Zaccaria spariscono dalle pagine del Vangelo, spariscono dalla storia, scivolano nella penombra che circonda la luce folgorante della Redenzione. Non si sa altro, ma non c'è bisogno di sapere altro per vedere nei due vecchi sposi l'immagine dell'umanità nuova, ideali progenitori di tutti coloro che lodano la misericordia di Dio, benedicono la prescelta tra tutte le donne, e gioiscono nell'amore del suo divino Figliuolo.



Archivio Parrocchia
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OGNISSANTI

La celebrazione di Ognissanti


Già la cristianità primitiva era solita celebrare feste in onore dei Santi: i primi resoconti scritti risalgono a Tertulliano e a Gregorio di Nizza (223-395 d.C.), ma solo le pagine scritte da Sant’ Ephraem, morto nel 373 d.C., danno una sicura testimonianza della "festa celebrata in onore dei martiri della terra" il giorno 13 maggio.

La festa, dunque, nacque nel nord Europa e giunse a Roma il 13 Maggio del 609 d.C., quando Papa Bonifacio IV dedicò il Pantheon di Roma alla Vergine Maria e a tutti i martiri.

Le ragioni dello spostamento della data al primo novembre non sono certe: sembra che fin dall’ 800 d.c. Alcuino, consigliere di Carlo Magno, decise di stabilire la santissima solennità di tutti i santi in questa data e di celebrarla con una festa di tre giorni. In questo modo, la Chiesa voleva cristianizzare la festa pagana del Capo d'anno del popolo Celtico, che cadeva ai primi di novembre.

Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell'anno 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i Santi del Paradiso, dal 13 Maggio al primo Novembre, come avveniva già da tempo in Francia. Lo stesso Papa Gregorio III fece costruire all'interno della Basilica Vaticana la cappella di Ognissanti. In inglese la festa di "Ognissanti" si chiama "All Hallows' Day"; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, si chiama All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in "Hallows' Even", e da lì ad Halloween il passo è stato breve. Nonostante i tentativi della Chiesa Cristiana di eliminare i riti pagani, Halloween è rimasta una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti.

La stretta associazione con la commemorazione dei defunti, celebrata il giorno successivo, fu istituita solo nel 998 d.C.: si pensava che i morti entrassero in comunicazione coi vivi. Così, l’abate Odilone di Cluny diede disposizioni per celebrare il rito dei defunti a partire dal vespro del primo Novembre. Il giorno seguente era invece commemorato con un'Eucarestia offerta al Signore, "pro requie omnium defunctorum", un'usanza che ben presto si diffuse in tutta l'Europa cristiana e che fu ufficialmente istituzionalizzata da Papa Gregorio IV. Fu Papa Sisto IV, nel 1474, che rese obbligatoria la solennità in tutta la Chiesa d'Occidente, per celebrare la comunione tra la Chiesa gloriosa e la Chiesa ancora pellegrinante e sofferente.

Il 1 giugno 1949, la Costituzione italiana inserisce il giorno di Ognissanti tra quelli considerati "festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici".

Come l’Italia, anche l’Austria, il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, la Grecia, il Lussemburgo ed il Portogallo hanno istituito ufficialmente questa celebrazione.


http://www.intrage.it/rubriche/societaeistituzioni/santi_morti/a_ognissanti/index.shtml

SANTI SIMONE E GIUDA

28 OTTOBRE SANTI SIMONE E GIUDA


Nonostante sia il più sconosciuto degli Apostoli, nella cui lista è solo nominato all’undicesimo posto, numerosissime opere d’arte lo raffigurano, sparse in tutta Italia ed in Europa, a testimonianza di un culto molto diffuso nella cristianità.
Stranamente a differenza degli altri apostoli, le notizie pervenutaci sulle sue origini, sulla sua presenza in seno al collegio apostolico, sulla sua attività evangelizzatrice, sulla sua morte, sono tutte incerte e sempre state controverse negli studi dei vari esperti lungo tutti i secoli.
Quindi siamo obbligati a considerare le varie ipotesi, mancando la certezza per una sola. Prima di tutto Gesù scelse i suoi apostoli guardando solo al cuore degli uomini e li volle appartenenti alle varie correnti del giudaismo di allora, dai farisei ai discepoli di s. Giovanni Battista, dagli zeloti a personaggi diciamo appartenenti alla gente comune, come pure un pubblicano.
Simone, per distinguerlo da Simon Pietro, gli evangelisti Matteo e Marco gli danno il soprannome di “Zelota” o “Cananeo”, forse l’appellativo può indicare la sua appartenenza al partito degli Zeloti, i ‘conservatori’ delle tradizioni ebraiche e fautori della libertà dallo straniero anche con le armi, oppure dalla città d’origine cioè Cana di Galilea.


Molti identificano Simone con l’omonimo cugino di Gesù, più noto come Simone fratello dell’apostolo Giacomo il Minore, al quale secondo la tradizione riportata da Egesippo del II secolo, sarebbe succeduto come vescovo di Gerusalemme dal 62 al 107, anno in cui subì il martirio sotto Traiano (53-117) a Pella, dove si era rifugiato con la sua comunità, per sfuggire alla seconda guerra giudaica.


I Bizantini lo identificano con Natanaele di Cana e con il direttore di mensa alle nozze di Cana; i Latini e gli Armeni lo fanno operare e morire in Armenia.
S. Fortunato vescovo di Poitiers, dice che Simone insieme a s. Giuda Taddeo apostolo, furono sepolti in Persia, dove secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir.


Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di s. Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII.


Altri ancora affermano che Simone visitò l’Egitto e insieme a s. Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti, da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere.


Ma al di là di tutte le incertezze, Simone lo ‘Zelota’ o il ‘Cananeo’, è senz’altro un Apostolo di Cristo e come tutti i discepoli del Signore, prese il suo bastone e percorse a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani.
Lo si può paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita.
Simone comunque è sempre rappresentato con gli altri Apostoli, nell’iconografia di Cristo e della Vergine, quindi nelle raffigurazioni del Cenacolo e negli altri momenti comuni degli Apostoli, la Pentecoste e la ‘Dormitio Verginis’.
Nella ‘Leggenda Aurea’ e nel Martirologio Romano egli è accomunato all’altro apostolo s. Giuda Taddeo, con il quale si ritiene predicò il Vangelo in Egitto e Mesopotamia e subendo insieme il martirio secondo alcuni scrittori.
La loro festa ricorre il 28 ottobre, a Venezia è a loro dedicata la chiesa di “S. Simone Piccolo”.


Autore: Antonio Borrelli



http://www.santiebeati.it/dettaglio/21850

SAN LUCA EVANGELISTA

SAN LUCA EVANGELISTA

Luca, evangelista e autore degli Atti degli Apostoli, é chiamato "lo scrittore della mansuetudine del Cristo". Paolo lo chiama "caro medico", compagno dei suoi viaggi missionari, confortatore della sua prigionia. Il suo vangelo, che pone in luce l'universalità della salvezza e la predilezione di Cristo verso i poveri, offre testimonianze originali come il vangelo dell'infanzia, le parabole della misericordia e annotazioni che ne riflettono la sensibilità verso i malati e i sofferenti. Nel libro degli Atti delinea la figura ideale della Chiesa, perseverante nell'insegnamento degli Apostoli, nella comunione di carità, nella frazione del pane e nelle preghiere."

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-9.

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.

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SANTA TERESA D'AVILA

SANTA TERESA D'AVILA








15 OTTOBRE
SANTA TERESA D'AVILA
Vergine e Dottore della Chiesa
(1515-1582)
Memoria




Teresa de Cepeda y de Ahumada, fin da fanciulla, dimostrò una spiccata tendenza alla vita contemplativa e anacoretica. Lettrice assidua specialmente dei Padri, aveva attinto da san Girolamo la sua vocazione religiosa. Il Carmelo della sua città, Avila, quando vi entrò, praticava come molti altri un’osservanza assai mitigata. Teresa si sottomise alle pratiche più rigorose prima di intraprendere la sua vasta opera di riforma con l’aiuto di san Giovanni della Croce. Nonostante l’assorbente attività che dovette esplicare nella formazione dei nuovi conventi, e malgrado le considerevoli difficoltà che dovette affrontare, Teresa giunse alla vetta della vita mistica. Ne danno prova i suoi scritti: Il cammino della perfezione, Le fondazioni, Il libro della sua vita, Il Castello inte­riore, le lettere, le poesie. L’ascesi cristiana è corrispondenza allo Spirito Santo che dal battesimo lavora in ognuno di noi per renderci conformi all’immagine del Figlio di Dio. Figura intensamente umana, Teresa era donna di profondo buon senso, di carattere simpatico, gioviale, ma tenace, abile nell’adattarsi alle circostanze, gioiosa e sorridente, di grande talento organizzativo. Morì la notte del 4 ottobre 1582, proprio nell’anno in cui la correzione del calendario fatta da papa Gregorio XIII fece seguire immediatamente il 15 ottobre. La sua profonda dottrina spirituale, attinta in gran parte a sant’Agostino e a san Gregorio Magno, le ha meritato d’essere dichiarata da Paolo VI nel 1970 «Dottore della Chiesa».


Ricordiamoci sempre dell'amore di Cristo

Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine
(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14)
Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.
Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E' da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.
Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l'aveva ben fisso nel cuore. Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia.
Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell'amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell'accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.



http://www.maranatha.it/Feriale/santiProprio/1015Text.htm

SAN FRANCESCO D'ASSISI

San Francesco d'Assisi nacque ad Assisi nel 1182 ca. e morì nel 1226. Giovanni Francesco Bernardone, figlio di un ricco mercante di stoffe, istruito in latino, in francese, e nella lingua e letteratura provenzale, condusse da giovane una vita spensierata e mondana; partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia, e venne tenuto prigioniero per più di un anno, durante il quale patì per una grave malattia che lo avrebbe indotto a mutare radicalmente lo stile di vita: tornato ad Assisi nel 1205, Francesco si dedicò infatti a opere di carità tra i lebbrosi e cominciò a impegnarsi nel restauro di edifici di culto in rovina, dopo aver avuto una visione di san Damiano d'Assisi che gli ordinava di restaurare la chiesa a lui dedicata.

Il padre di Francesco, adirato per i mutamenti nella personalità del figlio e per le sue cospicue offerte, lo diseredò; Francesco si spogliò allora dei suoi ricchi abiti dinanzi al vescovo di Assisi, eletto da Francesco arbitro della loro controversia. Dedicò i tre anni seguenti alla cura dei poveri e dei lebbrosi nei boschi del monte Subasio. Nella cappella di Santa Maria degli Angeli, nel 1208, un giorno, durante la Messa, ricevette l'invito a uscire nel mondo e, secondo il testo del Vangelo di Matteo (10:5-14), a privarsi di tutto per fare del bene ovunque.

Tornato ad Assisi l'anno stesso, Francesco iniziò la sua predicazione, raggruppando intorno a sé dodici seguaci che divennero i primi confratelli del suo ordine (poi denominato primo ordine) ed elessero Francesco loro superiore, scegliendo la loro prima sede nella chiesetta della Porziuncola. Nel 1210 l'ordine venne riconosciuto da papa Innocenzo III; nel 1212 anche Chiara d'Assisi prese l'abito monastico, istituendo il secondo ordine francescano, detto delle clarisse. Intorno al 1212, dopo aver predicato in varie regioni italiane, Francesco partì per la Terra Santa, ma un naufragio lo costrinse a tornare, e altri problemi gli impedirono di diffondere la sua opera missionaria in Spagna, dove intendeva fare proseliti tra i mori.

Nel 1219 si recò in Egitto, dove predicò davanti al sultano, senza però riuscire a convertirlo, poi si recò in Terra Santa, rimanendovi fino al 1220; al suo ritorno, trovò dissenso tra i frati e si dimise dall'incarico di superiore, dedicandosi a quello che sarebbe stato il terzo ordine dei francescani, i terziari. Ritiratosi sul monte della Verna nel settembre 1224, dopo 40 giorni di digiuno e sofferenza affrontati con gioia, ricevette le stigmate, i segni della crocifissione, sul cui aspetto, tuttavia, le fonti non concordano.

Francesco venne portato ad Assisi, dove rimase per anni segnato dalla sofferenza fisica e da una cecità quasi totale, che non indebolì tuttavia quell'amore per Dio e per la creazione espresso nel Cantico di frate Sole, probabilmente composto ad Assisi nel 1225; in esso il Sole e la natura sono lodati come fratelli e sorelle, ed è contenuto l'episodio in cui il santo predica agli uccelli. Francesco, che è patrono d'Italia, venne canonizzato nel 1228 da papa Gregorio IX. Viene sovente rappresentato nell'iconografia tradizionale nell'atto di predicare agli animali o con le stigmate.


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SANTI ANGELI CUSTODI

ANGELI CUSTODI
Nella storia della salvezza, Dio affida agli angeli l'incarico di proteggere i patriarchi, i suoi servi e tutto il popolo eletto.
L'esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù.:" I loro angeli stanno sempre alla presenza del Padre" (Mt 18,10)
Ogni uomo sin dalla sua nascita e sino alla sua morte ha a fianco a sè l'Angelo custode che lo protegge: " Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi sulla terra il tuo piede. (Sal 90,11-12)
Etimologicamente "angelo" significa "messaggero" ciò indica il suo ufficio e non la sua natura, come dice Sant'Agostino,
Gli angeli sono puri spiriti, non posseggono un corpo.
Nella Sacra Scrittura si attesta l'esistenza degli angeli: i Cherubini, posti a guardia del Paradiso Terrestre (Gen 3,24) i tre Angeli che appaiono ad Abramo (Gen 18,19. ecc).
L'Arcangelo Raffaele che accompagna e libera Tobia (Tob 5,1 e segg,); l'Arcangelo Gabriele che annuncia l'incarnazione del Verbo a Maria,
gli angeli che annunciano ai pastori la nascita di Gesù, (Lc 1,11-28.
Le citazioni nella Bibbia sono numerose, ne parla anche San Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi San Paolo dice che siamo venuti per essere "spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini" (1 Cor 4,9); che giudicheremo gli angeli (1 Cor 6,3); e che la donna deve portare "un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli" (1 Cor 11,10). Nella seconda Lettera ai Corinzi li avverte che "anche Satana si maschera da angelo di luce" (2 Cor 11,14). Nella Lettera ai Galati considera la superiorità degli angeli (Gai 1,8) e afferma che la legge 'fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore" (Gal 3,19). Nella Lettera ai Colossesi, l'Apostolo enumera le diverse gerarchie angeliche e sottolinea la loro dipendenza da Cristo, nel quale tutte le creature sussistono (cfr Col 1,16 e 2,10). Nella Seconda lettera ai Tessalonicesi ripete la dottrina del Signore sulla sua seconda venuta in compagnia degli angeli (2 Ts 1,6-7). Nella Prima lettera a Timoteo dice che "è grande il mistero della pietà: Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria" (1 Tm 3,16) ecc ecc.
In un primo tempo il culto degl Angeli custodi era unito a quello di san Michele; dal sev. XVI compare come festa a sè presso molte Chiese.
Nel calendario romano viene introdotto nel 1615.
La Storia della Salvezza raggiunge ogni uomo nella sua situazione concreta come recita la promessa biblica: "Ti precederà il mio angelo" (Es 23,20-23); per questo molti santi e sante hanno avuto grande familiarità e devozione verso il loro Angelo Custode. Col suo aiuto operiamo perchè si compia in noi il mistero pasquale fino alla sua pienezza, quando saremo loro compartecipi della vita eterna nella casa del Padre.
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SANTA TERESA LISIEUX

LA VITA


SANTA TERESA LISIEUX

Teresa Martin Nasce ad Alencon il 2 gennaio 1873 da Luigi e Zelia Martin e viene battezzata nella chiesa di Notre-Dame il 4 gennaio con i nomi di Maria Francesca Teresa.

Teresa è l'ultima di nove figli, ma all'epoca la mortalità infantile era molto alta e quattro figli ( due bambini e due bambine) muoiono in tenera età.Restano 5 figlie: Maria nata nel 1860, Paolina nata nel 1861, Leonia nel 1863, Celina nel 1869 e la piccola Teresa. La famiglia di Teresa era profondamente cattolica comunicando ai figli le loro convinzioni religiose.

Quattro entrarono nel Carmelo di Lisieux e una, Leonia, alla Visitazione di Caen.

Era inoltre una famiglia agiata, gestivano un laboratorio di pizzi ad Alencon.Quando nasce Teresa la famiglia viveva in una bella casa, confortevole e con un bel giardino. Teresa si rivela subito sensibile ma molto testarda.

L'incanto di questa infanzia priva di preoccupazioni si rompe con la morte della mamma a causa di un cancro incurabile la quale muore, dopo mesi di strazio, il 28 agosto 1877. Le figlie si stringono le une alle altre, Celina si butta nelle braccia di Maria dicendo:" Tu sarai mia madre", Teresa fa altrettanto con Paolina: aveva quattro anni e nove mesi.



Il fratello della mamma, Isidoro Guerin, e soprattutto sua moglie, la zia Elisa, si mettono a disposizione del vedovo per aiutare le figlie. Luigi Martin si trasferisce a Lisieux, una piccola cittadina della Normandia, a nord di Alencon e vanno ad abitare in una villa di periferia, denominata i Buissonnets (piccoli cespugli). La famiglia supera lentamente la perdita della mamma. In quegli anni Teresa vede il mare, fa la sua prima confessione, assiste alla prima comunione di Celina. Nell'ottobre del 1881, Teresa raggiunge Celina presso le suore benedettine come semipensionante. Vi resta per 5 anni ma non si trova a suo agio.

In questo periodo si avvicinò alla grazia dell'Eucarestia: fece la prima e la seconda comunione e ricevette il sacramento della confermazione.

A nove anni,quando apprende per puro caso che la sorella Paolina entrerà al Carmelo,pensa seriamente di imitarla e ne parla con madre Maria Gonzaga,superiore del Carmelo di Lisieux. La partenza di Paolina scatena una grossa crisi affettiva che mette a dura prova la salute di Teresa. Inoltre, il giorno di Pasqua del 1883,il papà, Maria e Leonia si recano a Parigi lasciando Teresa e Celina con gli zii.

La crisi raggiunge l'apice, Teresa si sente abbandonata. La coglie un tremore incontrollabile che fa pensare che per lei la morte sia ormai vicina. Le fu vicina Maria che, disperata, chiese alla Vergine la sua guarigione. Il 13 maggio 1883 avvenne il miracolo tanto sperato: ad un tratto la statua si animò e la Vergine, di una bellezza straordinaria, si avvicinò a Teresa e le sorrise. Tutte le pene della ragazza erano improvvisamente sparite. La guarigione,tuttavia,non era ancora completa. Teresa era troppo attaccata alla famiglia per un eccesso di sensibilità ed aveva un amore troppo grande per la mamma morta prematuramente. Quando nel 1885 la sorella Celina terminò gli studi presso le benedettine,il padre dovette ritirare anche lei ed inviarla a lezione private.

D'altro canto la sua fragile psicologia era messa a dura prova: dopo Paolina,aveva lasciato la casa Maria,il suo sostegno,la sua confidente.Teresa dovrebbe odiare il Carmelo,che le sottrae uno a uno i suoi punti di riferimento. Al contrario ella sogna sempre di potervi entrare, non per raggiungere le due sorelle,ma perchè Gesù quì la chiama.La vera guarigione dei suoi traumi infantili la ottiene la notte di Natale 1886.





La famiglia al completo è stata alla messa di mezzanotte nella cattedrale di Saint-Pièrre.

Al ritorno a casa era prevista un'altra cerimonia: l'apertura dei doni di Natale,contenuti nella magica scarpina nel caminetto della cucina.Ma in quella notte l'incanto si spezza.Mentre Teresa sale la scaletta che porta al primo piano,per cambiarsi d'abito,il papà,stanco,non riesce a trattenersi:" E' una sorpresa troppo puerile per una giovinetta già grande come Teresa;spero che quest'anno sarà l'ultimo!".

Teresa sente,i suoi occhi si riempiono di lacrime,mentre la sorella Celina le dice sottovoce:" Non tornare giù subito;piangeresti troppo guardando le sorprese alla presenza del babbo". Ma Teresa è ormai cambiata:dopo aver deposto il suo mantello,scende con un sorriso smagliante. "Gesù fece in un istante il lavoro che io non avevo saputo compiere in dieci anni,accontentandosi della mia buona volontà che non mi venne mai meno". Aveva superato il suo egocentrismo.

L'anno 1887 è per Teresa un anno di crescita fisica,intellettuale,morale. Ella si rafforza sempre di più nella convinzione che deve entrare al Carmelo più presto possibile per pregare e donare la propria vita per i peccatori.

Di questa vocazione,ella ha già parlato il 29 maggio,domenica di Pentecoste,a suo padre,il quale in un primo momento solleva delle difficoltà per la giovane età della ragazza,ma poi acconsente. Egli permette che Leonia tenti per la seconda volta di accostarsi alla vita religiosa presso la Visitazione di Caen. Al Carmelo di Lisieux,Paolina (divenuta suor Agnese di Gesù) approva il desiderio di Teresa,seguita in questo da tutta la comunità. Invece lo zio Isidoro Guerin,che dopo la morte della mamma è il tutore legale delle sue nipoti, vi si oppone decisamente.Ma c'è un ostacolo ancor più grave,quello del superiore del Carmelo:monsignor Delatroette,che non accetta nessun postulante prima dei ventuno anni. Anche il ricorso al vescovo di Bayeux ottiene un rifiuto. Troppo giovane. Non resta che il ricorso al Santo Padre e questa ragazzina di 14 anni non esita un solo istante a convincere suo padre perché la porti a Roma dal papa.

Il 4 novembre 1887,Louis Martin parte con le figlie Celina e Teresa per un grande viaggio in Italia. A Parigi raggiungono un pellegrinaggio di quasi duecento persone,a cui partecipano parecchi sacerdoti,che vanno a Roma per rendere omaggio a papa Leone XIII.Attraversata la Svizzera, si passa da Milano,Venezia,Padova,Firenze,Loreto.Il 13 novembre arrivano a Roma e si trattengono una decina di giorni.Celina e Teresa sono entusiaste per i ricordi dei martiri e la visita di tante chiese,catacombe e monumenti.Ma il pensiero di Teresa è concentrato sull'udienza del Santo Padre,che ha luogo il 20 novembre. Il pontefice,alla sua richiesta, le disse:" Va bene,voi entrerete se il buon Dio lo vuole."

Grazie all'aiuto di monsignor Reverony il 28 dicembre il vescovo concede l'autorizzazione a Teresa di entrare al Carmelo; cosa che si verificherà il 9 aprile 1888.

Nel viaggio a Roma Teresa aveva visto quanti preti fragili e bisognosi di aiuto spirituale ci fossero; da lì ella decise che una volta entrata al Carmelo avrebbe offerto le sue preghiere per la santificazione del clero.

Ciò che Paolina fece a venti anni e Maria a ventisei, Teresa lo fece a quindici.Il mattino del 9 aprile ella entra al Carmelo di Lisieux per restarvi tutta la vita con il nome di Teresa di Gesù Bambino.

Il Carmelo di Lisieux fu fondato nel 1838. Sorge alle spalle della piccola cappella che contiene le ossa della santa.E' un convento povero e modesto,dalle mura di mattoni rossi.E' a forma di quadrato con un chiostro,che delimita un prato verde e un Calvario.Al di là dell'ala sud del chiostro si estende un bel giardino,con un viale di castagni,lungo il quale le suore passano momenti di distensione.Ma che cosa spinge questa fanciulla di quindici anni a infrangere le griglie di un Carmelo? L'amore e solo l'amore. Teresa vuole questo deserto arido per donare al suo amato Bene la prova del suo grande amore:"Gesù,io voglio amarvi tanto.Amarvi più di quanto non siate mai stato amato".Teresa scrive queste parole nove mesi dopo il suo ingresso al Carmelo:sta per compiere sedici anni.

Teresa non sa che la sua folle avventura d'amore si svolgerà nello spazio temporale di nove anni.Solo Dio lo sa,che prepara in segreto"la più grande santa dei tempi moderni".Se il seme di grano non muore non può dare molti frutti.Teresa vive in una comunità di ventisei religiose,tra le quali le due sorelle Paolina e Maria,con i rispettivi nomi di suor Agnese di Gesù e suor Maria del Sacro Cuore.Da esse,però,prende le distanze,perché è consapevole di essere venuta al Carmelo solo per Gesù.Nei compiti che le affidano(cucito,pulizia del chiostro e delle scale,giardinaggio)non eccelle per perizia.La superiora,madre Maria Gonzaga,è piuttosto esigente e non le risparmia umiliazioni.Ella è sottoposta ad un tormento continuo di punzecchiature di aghi di spillo.Confessa,con amarezza,di provare per le religiose che la circondano una specie di repulsione.Se almeno Gesù la consolasse nella preghiera.Ma il grande amico tace e la lascia nell'aridità.in queste condizioni le due ore del giornaliere di orazione mentale le riescono dure,tanto che spesso è vinta dal sonno.

Nella monotonia di questo primo inverno,il 10 gennaio 1889 brilla un raggio di luce:per la sua vestizione Teresa ha la gioia di avere al fianco il suo re.Il signor Martin conduce all'altare la sua figlia prediletta,in un lungo abito di velluto bianco,con i suoi capelli biondi sciolti sulle spalle.Durante la cerimonia ella veste un saio di colore grigio,lo scapolare del Carmelo, il velo bianco di novizia.Ma ben presto Teresa comprende che il suo sposo chiede molto a coloro che sono scelti da lui.Un mese dopo la festa della vestizione,il signor Martin deve essere internato all'ospedale psichiatrico di Caen."In quel giorno io non avrei potuto soffrire di più".In città si dice che la responsabilità della malattia mentale del signor Martin è delle figlie che l'hanno abbandonato,soprattutto della più giovane che era la sua diletta.E' da quel momento che Teresa si firma:Teresa di Gesù Bambino del Santo Volto. Il Santo Volto!Questa immagine la insegue,come il grido di Gesù dalla croce:"Ho sete".

Durante la malattia del papà si convince sempre più che solo la croce può salvare le anime.Quale migliore preparazione per la sua consacrazione totale e definitiva nella professione perpetua dell'8 settembre 1890? La vigilia è presa dal panico:"E se non avessi la vocazione?".Ma il mattino delle nozze è inondata da un fiume di pace,nonostante l'assenza del padre degente in ospedale.Sul suo cuore porta un biglietto di ventiquattro righe,nel quale ha scritto:" Gesù mio sposo divino,prendimi piuttosto che io compia la più leggera mancanza volontaria.Io cerco solo te".Ella presto compirà 18 anni ma sta passando momenti difficili. Tuttavia non perde nessuna occasione per provare a Gesù il suo amore:rende in segreto dei piccoli servizi alle consorelle,prende il posto-come al lavatoio-che le altre evitano;si presenta con volto sorridente quando ha il cuore gonfio,accetta delle accuse ingiuste. Vi sono delle ore nelle quali sembra che tutto crolli.

Ed è proprio in questo periodo,durante il ritiro spirituale(dal 7 al 15 ottobre 1891),che padre Alessio Prou (francescano) la spinge sulle ali della confidenza e dell'amore.Amore e confidenza:sono le parole della sua vita.I tempi stringono.nell'inverno 1891-1892,una terribile epidemia d'influenza si abbatte sulla comunità.Teresa non è risparmiata e si dona tutta per assistere le sue consorelle:a diciannove anni ella sorprende per la sua maturità di donna.Ma è soprattutto nel suo spirito che si accelera quella corsa da gigante cominciata a quattordici anni,la notte di Natale del 1886.La sorella Paolina,divenuta priora del Carmelo il 20 febbraio 1893,la delega come assistente della maestra alle novizie.Ha solo 20 anni ed è consapevole della sua insufficienza per un compito così delicato,ma si rimette completamente all'aiuto di Dio.Sotto la spinta del nuovo compito elabora (sulla fine del 1894) i primi elementi di una dottrina nuova,ben diritta:la via dell'infanzia spirituale,che consiste nell'abbandonarsi completamente nelle mani del Signore,nel riconoscere la propria fragilità,confidando ciecamente nella bontà di Dio,che è infinita misericordia.

Il 1895 è un anno meraviglioso nella vita di Teresa e sono meravigliosi anche i suoi ventidue anni.Negli anni di sofferenza,trascorsi nel silenzio,nel raccoglimento,nella preghiera ha compreso che la santità non è la scalata dell'Himalaya,ma un ascensore di cui Dio si serve per portarci in alto. Inizia a scrivere la sua autobiografia: Storia di un'anima che,nel linguaggio del Cantico dei cantici,è un inno di riconoscenza all'infinita misericordia di Dio,che l'ha ricolmata di grazie.

Nel giugno 1895,d'improvviso,durante la messa della Trinità,Teresa si sente spinta a offrirsi vittima di olocausto all'amore misericordioso del suo Dio.Nel settembre del 1896 in un documento molto importante scriverà:"Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo,mio Dio,me l'hai dato tu...nel cuore della Chiesa,mia madre,io sarò l'Amore...così sarò tutto...e il mio sogno sarà realizzato".

La sera del giovedì santo 3 aprile 1896 Teresa è rimasta a vegliare in coro fino a mezzanotte. Appena coricata sente un gorgoglio alla gola; afferra il fazzoletto; è certamente un fiotto di sangue, ma la lampada è spenta e Teresa non vuol verificare ciò che è contenuto nel fazzoletto. Nella notte del venerdì l'emottisi si ripete. Accoglie queste emottisi con gioia,come segno del suo prossimo ingresso nel cielo.

Ma il giorno di Pasqua seguente,o uno dei giorni successivi,entra in una terribile prova dello spirito.Ella si trova in un tunnel,nel quale alcune voci interiori le sussurrano che tutti i suoi desideri,la piccola via,la sua offerta all'Amore misericordioso,tutta la sua vita spirituale sono una completa illusione.Ella deve morire giovane per niente.

La prova dura diciotto mesi fino alla sua morte.Ella si sedette alla mensa dei peccatori per condividere la loro condizione e aprire loro le porte della salvezza.Nel frattempo la tubercolosi la corrode dal di dentro,ma nessuno si rende conto della gravità delle sue condizioni di salute;tanto che nel novembre del 1896 ancora resta in vita l'ipotesi ch'ella possa partire per il Carmelo di Saigon o di Hanoi.Ma proprio sulla fine del 1896 la sua salute peggiora,riprende a tossire e l'idea di trasferirla in Estremo Oriente viene accantonata.Nella Quaresima del 1897,Teresa ha voluto osservare le prescrizioni penitenziali richieste dalla regola,compreso il digiuno,ma la sua salute ne risente notevolmente.A poco a poco viene esonerata da tutte le occupazioni:l'ufficio in coro,il lavoro alla lavanderia,l'impegno del noviziato,anche dalle ricreazioni.A partire dal 6 aprile suor Agnese comincia ad annotare le parole della sorella.Con il 6 luglio riprendono le emottisi,di conseguenzza il giorno 8 la trasportano in infermeria al pian terreno.E' in questa circostanza che pronuncia la famosa frase,che Bernanos mette sulle labbra del curato di Ambricourt morente:" Tutto è grazia ". Teresa sembra alla soglia della morte,ma il suo organismo giovane ha un sussulto di vitalità.Alla fine di agosto l'ammalata,troppo debole per scrivere e per parlare,entra nel silenzio;si avvicina alla fine fra sofferenze indicibili,tanto che esclama:"Se questa è l'agonia,che cos'è la morte?"

Una cancrena le prende l'intestino ed è sempre esposta al pericolo del vomito,tanto che si trova in difficoltà per assumere la comunione.Il 30 luglio alle ore 18 riceve l'estrema unzione e il viatico.Prima di morire può comunicarsi un'altra volta,il 19 agosto,offrendo la comunione per il ritorno di padre Giacinto Loyson,un carmelitano che aveva lasciato la Chiesa.si spegne il giovedì 30 settembre 1897 alle ore 19,20

http://www.cristiani.altervista.org/santateresavita.htm

SAN CLEOFA ZIO DI GESU'

25 Settembre San Cleofa discepolo di Gesù
Etimologia: Cleofa = dal volto glorioso, dal greco



Cleofa o Cleofe o Clopa è uno dei due discepoli che il giorno della risurrezione di Gesù, tornandosene a Emmaus al termine delle celebrazioni pasquali, furono raggiunti per strada e accompagnati dal Risorto, che riconobbero soltanto dopo essere rincasati e avergli generosamente offerto ospitalità. "Noi speravamo che egli sarebbe stato colui che avrebbe liberato Israele; invece...". Nelle parole che i due discepoli rivolgono allo sconosciuto c'è l'eco di una delusione comune agli apostoli in quell'ora della prova. "Tuttavia alcune donne, che sono fra noi, ci hanno fatto assai meravigliare".
Da questo spiraglio di speranza lo sconosciuto fa penetrare la luce della "buona novella", spiegando loro le Scritture e poi, accolto il loro invito: "Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno sta per finire", si rivela loro "allo spezzare del pane", il gesto eucaristico dell'ultima cena, cui perciò anche Cleofa dovette esser presente. Ma non è questo il solo privilegio di cui poteva andar fiero.
Cleofa è il padre di Simone, Giuda, Giacomo il Minore e di Giuseppe, fratelli, cioè cugini, del Signore. Nel Vangelo di Giovanni, Maria, madre di Giacomo e Giuseppe, viene detta sposa di Cleofa e sorella, in senso più o meno proprio, della Madre di Gesù.
Lo storico palestinese Egesippo afferma che Cleofa è fratello di S. Giuseppe e padre di Giuda e Simone, eletto, quest'ultimo, a succedere a Giacomo il Minore, come vescovo di Gerusalemme. Quindi possiamo il discepolo di Emmaus è il Cleofa che Giovanni dice marito della sorella della Madonna, quella Maria di Cleofa presente con le altre pie donne al dramma del Calvario.
Poiché Maria di Cleofa è madre di Giacomo il Minore, di Giuseppe, di Giuda e di Simone, ne segue che Cleofa è loro genitore.
Secondo Eusebio e S. Girolamo, Cleofa era nativo di Emmaus. E ad Emmaus, secondo un'antica tradizione, Cleofa, "testimone della risurrezione", fu trucidato dai suoi compaesani, intolleranti del suo zelo e della sua certezza di fede nel Messia risorto. S. Girolamo ci assicura che già nel IV secolo la sua casa era stata trasformata in chiesa. Il Martirologio Romano ha inserito il suo nome nella data odierna e ne conferma il martirio avvenuto per mano dei Giudei.


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LA BEATA VERGINE ADDOLORATA

Lunerdì della 24° settimana del Tempo Ordinaro 2008

LA BEATA VERGINE ADDOLORATA


La devozione ai dolori di Maria, fu prima popolare e poi liturgica.
Diffusa particolarmente dai Serviti e dai Passionisti, contempla i sette momenti messi in rilievo dai Vangeli.
Fu papa Pio VII, che in ricordo delle sofferenze inflitte da Napoleone alla Chiesa nel suo capo, introdusse nella liturgia la celebrazione dei dolori di Maria.
La compatercipazione dolorosa della Madre del Salvatore alla sua opera di salvezza (LC 2,33-35) è testimoniata nell'ora della croce da Giovanni che l'ha ricevuta in Madre (GV 19,25-27).
Attualmente, questa memoria dei dolori di Maria si concentra meglio su di lei, l'Addolorata, e sul sacrificio di Cristo che lei stessa offre con Lui al Padre.


Gruppo "Alla-scuola-di-Maria" di Google Gruppi. http://groups.google.it/group/Alla-scuola-di-Maria
""Gruppo cattolico mariano"

Esaltazione della santa Croce

14 Settembre
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Esaltazione della santa Croce (Festa)



La Chiesa cattolica, molti gruppi protestanti e gli ortodossi celebrano la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre, anniversario della consacrazione della Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme; in essa si commemora la croce sulla quale fu crocifisso Gesù. Celebrata la prima volta nel 335, nei secoli successivi, questa festività incluse anche la commemorazione del recupero della Vera Croce, fatto dall'imperatore Eraclio nel 628, dalle mani dei Persiani. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.

La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della santa madre dell'imperatore Costantino, Elena. Nell'usanza gallese, a partire dal VII secolo, la festa della Croce si teneva il 3 maggio. Secondo l'Enciclopedia Cattolica, quando le pratiche gallesi e romane si combinarono: la data di Settembre assunse il nome ufficiale di Trionfo della Croce nel 1963, ed era usato per commemorare la conquista della Croce dai Persiani; la data in maggio fu mantenuta come ritrovamento della Santa Croce. In Occidente ci si riferisce spesso al 14 settembre come al Giorno della Santa Croce; la festività in maggio è stata rimossa dal calendario della forma ordinaria del rito romano in seguito alla riforma liturgica del 1970. Gli ortodossi commemorano ancora entrambi gli eventi il 14 settembre, una delle dodici grandi festività dell'anno liturgico, e il primo Agosto festeggiano la Processione del venerabile Legno della Croce, il giorno in cui le reliquie della Vera Croce furono trasportate per le strade di Costantinopoli per benedire la città.

La Chiesa cattolica compie la formale adorazione della Croce durante gli uffici del Venerdì Santo, mentre gli ortodossi celebrano un'ulteriore venerazione della Croce la terza domenica della Grande quaresima. In tutte le chiese greco-ortodosse, durante il Giovedì Santo, una copia della Croce viene portata in processione affinché la gente la possa venerare.


La Festa della Esaltazione della Santa Croce è la principale festa dell'Arcidiocesi di Lucca. La festa inizia dai vespri del 13 settembre e comprende la giornata del 14.
È celebre soprattutto per la processione notturna a lume di candela detta "La Luminara".


Meditazione del giorno : Omelia attribuita a Sant'Efrem
« Elevato da terra, attirerò tutti a me » (Gv 12,32)


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 3,13-17.

Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.





http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=09/14/2008#

SANTISSIMO NOME DI MARIA

Fiesta del Santo Nombre de María

Veneramos el nombre de María porque pertenece a ella que es la Madre de Dios, la más santa de las criaturas, la Reina de cielos y tierra, la Madre de Misericordia. El objeto de la celebración es la Santísima Virgen con el nombre de Mirjam (María); la fiesta conmemora todos los privilegios concedidos a María por Dios y todas las gracias que hemos recibido por su intercesión y mediación. Fue instituida en 1513 en Cuenca, España, y asignada con propio Oficio al 15 de Septiembre, la octava de la Natividad de María. Después de la reforma del Breviario por San Pío V, por decreto de Sixto V (16 de enero de 1587), fue transferida al 17 de Sept. En 1622 fue extendida a la Arquidiócesis de Toledo por Gregorio XV. Después de 1625 la Congregación de los Ritos titubeó por un rato antes de autorizar que se extendiera más (comparar con los siete decretos "Analecta Juris Pontificii", LVIII, decr 716 sqq.) Pero era celebrada por los Trinitarios españoles en 1640 (Ordo Hispan., l640). En Nov. 15 de 1658, fue concedida la fiesta al Oratorio del cardenal Berulle bajo el título: Solemnitas Gloriosae Virginis, dupl. cum. oct., 17 Sept. Con el título original, SS. Nominis B.M.V., fue concedida a toda España y el reino de Nápoles el 26 de Enero de 1671. Después del sito de Viena y la gloriosa victoria de Sobieskl sobre los turcos (12 de Sept., 1683), la fiesta fue extendida a la Iglesia universal por Inocente XI, y asignada al domingo después de la Natividad de María por decreto del 25 de Nov. de l683 (duplex majus); fue concedida a Austria como d. 2. classis el primero de Agosto de 1654. De acuerdo al decreto del 8 de Julio de 1908, cuando la fiesta no pueda ser celebrada en su propio domingo porque lo ocupe una fiesta de mayor jerarquía, deberá dejarse en el 12 de Septiembre, el día en que se celebra la victoria de Sobieski en la Martirología Romana. El calendario de las monjas de la Adoración Perpetua, O.S.B. del año1827 en Francia, tiene la fiesta con un oficio especial el 25 de Sept. La fiesta del Santo Nombre de María, es la fiesta patronal de los Clérigos Regulares de las Pías Escuelas (Piaristas) y de la Sociedad de María (Marianistas), en ambos casos con un oficio propio. En 1666 los Carmelitas Descalzos recibieron la facultad de recitar el Oficio del Nombre de María cuatro veces al año (duplex). En Roma, una de las iglesias gemelas en el Foro Trajano está dedicada al Nombre de María. En el Calendario Ambrosiano de Milán la fiesta del Santo Nombre de María está asignado al 11 de Septiembre.

FREDERICK G. HOLWECK




http://ec.aciprensa.com/f/fiestanombremaria.htm

Natività della Beata Vergine Maria

08 Settembre
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Natività della Beata Vergine Maria
(Festa)



«La celebrazione odierna – si legge nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio».
E' questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la "nascita al cielo", come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo.

Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la Natività è di origine orientale. Nella Chiesa d'occidente l'ha introdotta il papa orientale san Sergio I alla fine del sec. VII. Originariamente doveva essere la festa della dedicazione dell'attuale basilica di sant'Anna in Gerusalemme.
La Tradizione, infatti, indicava quel luogo come la sede dell'umile dimora di Gioacchino ed Anna, lontani discendenti di Davide, genitori di Maria. Occorre cercare in questo culto della Natività di Maria una profonda verità: la venuta dell'uomo-Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli.
La personalità divina del Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l'umanità poteva generare, però la storia dell'umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all'Incarnazione del figlio di Dio.

La devozione cristiana ha voluto perciò venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia: la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati (vangelo: Mt 1,1-16.18-23). Credere nei preparativi dell'incarnazione significa credere nella realtà dell'incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell'uomo all'attuazione della salvezza del mondo.

La vera devozione a Maria conduce sempre a Gesù.









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Prefazio della Beata Vergine Maria I

E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo,
nella solennità della beata sempre Vergine Maria.
Per opera dello Spirito Santo,
ha concepito il tuo unico Figlio;
e sempre intatta nella sua gloria verginale,
ha irradiato sul mondo la luce eterna,
Gesù Cristo nostro Signore.

Per mezzo di lui si allietano gli angeli
e nell'eternità adorano la gloria del tuo volto.
Al loro canto concedi, o Signore,
che si uniscano le nostre umili voci nell'inno della lode.




http://www.vangelodelgiorno.org/www/popup-saints.php?language=IT&id=598&fd=0

SAN GIACOMO GIUSTO

SAN GIACOMO GIUSTO
Nel Nuovo Testamento si parla diverse volte di un apostolo di nome Giacomo, chiamato anche Giacomo "fratello" di Gesù (cugino), figlio di Maria di Cleofa. Fu una figura importante nella chiesa di Gerusalemme, della quale fu vescovo. Vien martirizzato nel I° secolo, così come viene raccontato nella versione di Giuseppe Flavio e Egesippo (citate nella "Storia Ecllesiastica" di Eusebio), vittima del fanatismo giudaico. Giacomo il minore era una figura rispettata da tutti, era infatti chiamato "il giusto" sin dai tempi di Cristo, ed aveva la licenza di entrare nel sancta sanctorum. Capitò che alcuni dei seguaci delle varie sette gli chiedessero chi fosse la porta di Gesù (prendendo spunto dall'episodio narrato in Gv 10, 7-9). Giacomo rispondeva che questi era il salvatore e in questo modo quelli credevano che Gesù fosse veramente il messia. Molti dei capi, così, credevano alle sue parole, e per questo c'era malcontento tra i giudei, gli scribi e i farisei, preoccupati che tutto il popolo pensasse a Gesù come al messia. Questi si riunirono dunque e chiesero a Giacomo di correggere il popolo su quanto credeva circa Gesù (correggere l'errore, cioè, di crederlo il messia) e dopo avergli detto "...noi ti crediamo, noi, insieme con tutto il popolo, possiamo testimoniare che sei un uomo giusto e che non guardi in faccia a nessuno..." gli proposero di andare sul pinnacolo del tempio per fare ascoltare quanto aveva da dire a tutte le tribù e i popoli convenuti in Gerusalemme per la pasqua. Quindi gli scribi e i farisei fecero salire Giacomo sul pinnacolo del tempio e gli chiesero a gran voce: "Uomo giusto, in cui tutti dobbiamo credere, poiché il popolo è fuorviato da errori nei riguardi di Gesù il crocifisso, annunciaci quale è la porta di Gesù". Ed egli a gran voce rispose: "Perché mi interrogate sul Figlio dell'uomo, che siede in cielo alla destra della grande Potenza e tornerà sulle nubi del cielo?". Molti furono persuasi e credettero in Cristo per la testimonianza di Giacomo, inneggiando: "Osanna al Figlio di David!". Gli scribi e i farisei, spiazzati da quanto aveva detto Giacomo, subitoro si pentrono di avergli offerto una simile occasione di testimoniare in favore di Cristo, e per "correre ai ripari" salirono sul pinnacolo e al grido di "Oh, oh, anche il giusto ha errato!" lo gettarono giù. Il "giusto" non morì dopo la caduta e così iniziarono a lapidarlo, ma Giacomo rigirandosi si inginocchiò: "Ti scongiuro, Dio Padre onnipotente, perdonali perché non sanno quello che fanno". Uno dei sacerdoti, che si chiamava Recab gridò: "Smettete! Che cosa fate? Il giusto prega per voi!". Frattanto uno dei presenti, che di mestiere era lavandaio, afferrato uno di quei bastoni con cui si comprimono i panni, lo vibrò sul capo del giusto e così lo martirizzò. I fedeli lo seppellirono in un luogo vicino al tempio, dove anche ora una lapide lo ricorda.
[ Testo del "Gruppo santi di via Pienza", modificato da Enrosadira ]

http://www.enrosadira.it/santi/g/giacomominore.htm

IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA

VANGELO SECONDO SAN MATTEO : 14, 1-13



[1]In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù. [2]Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui».


[3]Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello. [4]Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla!». [5]Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta.

[6]Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode [7]che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. [8]Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». [9]Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data [10]e mandò a decapitare Giovanni nel carcere. [11]La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre. [12]I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù.

[13]Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto.



http://www.maranatha.it/Bibbia/5-VangeliAtti/47-MatteoPage.htm

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SAN BARTOLOMEO APOSTOLO

SAN BARTOLOMEO APOSTOLO

Non è di quelli che accorrono appena chiamati, anche se poi sarà capace di donarsi totalmente a una causa; ha le sue idee, le sue diffidenze e i suoi pregiudizi. I vangeli sinottici lo chiamano Bartolomeo, e in quello di Giovanni è indicato come Natanaele. Due nomi comunemente intesi il primo come patronimico (BarTalmai, figlio di Talmai, del valoroso) e il secondo come nome personale, col significato di “dono di Dio”.
Da Giovanni conosciamo la storia della sua adesione a Gesù, che non è immediata come altre. Di Gesù gli parla con entusiasmo Filippo, suo compaesano di Betsaida: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth". Basta questo nome – Nazareth – a rovinare tutto. La risposta di Bartolomeo arriva inzuppata in un radicale pessimismo: "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?". L’uomo della Betsaida imprenditoriale, col suo “mare di Galilea” e le aziende della pesca, davvero non spera nulla da quel paese di montanari rissosi.
Ma Filippo replica ai suoi pregiudizi col breve invito a conoscere prima di sentenziare: "Vieni e vedi". Ed ecco che si vedono: Gesù e NatanaeleBartolomeo, che si sente dire: "Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità". Spiazzato da questa fiducia, lui sa soltanto chiedere a Gesù come fa a conoscerlo. E la risposta ("Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico") produce una sua inattesa e debordante manifestazione di fede: "Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!". Quest’uomo diffidente è in realtà pronto all’adesione più entusiastica, tanto che Gesù comincia un po’ a orientarlo: "Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi? Vedrai cose maggiori di questa".
Troviamo poi Bartolomeo scelto da Gesù con altri undici discepoli per farne i suoi inviati, gli Apostoli. Poi gli Atti lo elencano a Gerusalemme con gli altri, "assidui e concordi nella preghiera". E anche per Bartolomeo (come per Andrea, Tommaso, Matteo, Simone lo Zelota, Giuda Taddeo, Filippo e Mattia) dopo questa citazione cala il silenzio dei testi canonici.
Ne parlano le leggende, storicamente inattendibili. Alcune lo dicono missionario in India e in Armenia, dove avrebbe convertito anche il re, subendo però un martirio tremendo: scuoiato vivo e decapitato. Queste leggende erano anche un modo di spiegare l’espandersi del cristianesimo in luoghi remoti, per opera di sconosciuti. A tante Chiese, poi, proclamarsi fondate da apostoli dava un’indubbia autorità. La leggenda di san Bartolomeo è ricordata anche nel Giudizio Universale della Sistina: il santo mostra la pelle di cui lo hanno “svestito” gli aguzzini, e nei lineamenti del viso, deformati dalla sofferenza, Michelangelo ha voluto darci il proprio autoritratto.


Autore: Domenico Agasso

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SAN BERNARDO DA CHIARAVALLE

SAN BERNARDO DA CHIARAVALLE





San Bernardo, tra gli spiriti e i personaggi più autorevoli e originali della storia occidentale, fu senza dubbio il santo e il genio del XII secolo, il protagonista non solo della vita dell’Ordine Cistercense, ma anche delle vicende ecclesiastiche, delle controversie teologiche e monastiche, della politica del papato di quel tempo: predico' nel 1142 la seconda crociata, sostenne e promosse l’Ordine Cavalleresco dei Templari. Non a caso, dunque, fu chiamato con l'appellativo di "ultimo dei Padri della Chiesa".



Egli nacque nel 1090 nel castello paterno di Fontaines-lès-Dijon in Borgogna. Ad otto anni circa, Bernardo fu affidato alla scuola cattedrale dei Canonici di Saint Vorles in Châtillon, dove, secondo il cronista «amava restare in disparte, timido, poco incline alla conversazione, mirabilmente raccolto, gentile ed obbediente, modesto, dedito al servizio di Dio e vigile nel conservare pura la propria fanciullezza». La scuola dei Canonici di Châtillon era, in quel tempo, una delle istituzioni più prestigiose della Borgogna, dove lo studio degli scrittori latini costituiva l'elemento fondamentale del curriculum umanistico, ma non includeva il pensiero greco, ancora poco studiato in Occidente.
Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1107, Bernardo avvertì un senso di vuoto interiore e di impotenza di fronte alla vita. Aveva 17 anni, e fece anche una certa esperienza di vita socialmente brillante. Tra il fragore delle armi e le seduzioni del mondo, Bernardo sentiva, con crescente insistenza, il richiamo di Dio per la quiete e la pace del chiostro.
Nel 1112 bussò, insieme ai suoi confratelli alle porte di Cîteaux e giurò all'abate Stefano Harding di osservare la Regola di San Benedetto. L'abate accolse sicuramente con gioia questo gruppo e seppe discernere la ricchezza della personalità di Bernardo e dargli fiducia, anche se, sotto molti aspetti, si scoprì tra loro una notevole differenza di temperamento. Un esempio è la divergenza di opinione sul concetto di estetica: per Stefano verteva più sul visivo, in conformità alle arti plastiche - sono testimoni a questo proposito i manoscritti con miniature che datano del suo abbaziato - invece, per Bernardo l'estetica si apprezzava con l'orecchio e con la voce, attraverso la musica e l'ascolto - essenzialmente ascolto della Parola di Dio, del Verbo di Dio che si rivolge al monaco al quale non è permesso distrarsi.


Anche a Cîteaux, nonostante l'austerità, Bernardo non riusciva ancora a soddisfare l'anelito per la perfezione spirituale. Considerava come perduto il tempo concesso al sonno ed aveva perso ogni desiderio del cibo: si nutriva solo per evitare di svenire. Trascorreva molto del suo tempo a studiare la Sacra Scrittura e le opere dei Padri della Chiesa, senza trascurare il lavoro nei campi. Bernardo aveva un grande amore per la natura che ammirava e considerava un mezzo di comunicazione con Dio.
L'arrivo di Bernardo con i suoi trenta compagni segnò una svolta nella storia di Cîteaux e dell'Ordine Cistercense.
Nel 1113 fu fondata la prima casa figlia La Fertè, nel 1114 fu eretta Pontigny e nel 1115 Clairvaux, sotto la guida di Bernardo, dove rimarrà per tutta la vita come abate. L'abbazia di Clairvaux fu edificata nel fondo di una valle - «Benedictus montes, Bernardus valles amabat» - perché il desiderio di solitudine e l'esigenza di nascondimento sono stati i criteri che hanno presieduto alla scelta dei siti delle prime fondazioni cistercensi.
Nel 1116, all'età di 26 anni Bernardo fu ordinato sacerdote e ricevette la benedizione abbaziale. Divenne grande amico del celebre maestro Guglielmo di Champeaux, considerato con lo stesso Bernardo, con Elredo di Rievaulx e con Guerrico d'Igny, uno dei 'quattro grandi Padri' della spiritualità cistercense. Grazie alla grande spiritualità di Bernardo, alla sua purezza e semplicità, l'abbazia di Clairvaux appariva come «la cittadella dello spirito».
Nel 1118 Clairvaux fondò la sua prima casa figlia, e, durante trent' anni circa, il ritmo delle fondazioni è di due monasteri all'anno, attraverso tutta la cristianità occidentale ad eccezione dell'Europa centrale. Alla morte di Bernardo, nel 1153, l'Ordine di Cîteaux può contare 345 monasteri, di cui 167 risalenti a Clairvaux, che si tratti di fondazioni o di monasteri che hanno chiesto di essere incorporati all'Ordine. Bernardo stesso affermava: «Ardere et lucere perfectum» (la perfezione consiste nel bruciare e nel brillare della carità), affermazione che racchiude tutta la spiritualità e austerità del Santo. La salvezza di una persona, per San Bernardo, dipendeva dalla risposta ad una vocazione di cui si é intimamente convinti.
Durante la vita di Bernardo a Clairvaux furono copiati molti manoscritti. Sul finire del XII secolo Clairvaux aveva una biblioteca di 340 volumi - i manoscritti cistercensi, come le abbazie dell'Ordine, emanano un sereno spirito di vetustà e traspirano, nella loro sublime semplicità disadorna, un senso di austerità.
Bernardo fu anche poeta alla maniera di San Francesco. Nei Sermoni, ricchi di immagini e testimonianza del suo animo profondamente poetico, Bernardo proponeva ai suoi monaci come tema di riflessione l'unione dell'anima con Dio. I monaci, la cui vita era tesa alla santità ed alla quiete interiore, trovavano nelle parole di Bernardo l'alimento necessario alla loro perfezione. Bernardo scrisse diversi trattati, ricchi di riflessione mistica, e circa cinquecento lettere, alcune delle quali sono da considerare veri trattati spirituali. L'esempio più brillante é 'L'amore di Dio, il suo contributo alla spiritualità cistercense'.



La Lactatio di San Bernardo, affresco nella chiesa abbaziale di Rivalta Scrivia (Alessandria)

Un altro grande contributo di Bernardo alla spiritualità dell'Ordine fu la sua devozione per la Madre di Dio. La tradizione di chiudere la giornata con il canto Salve Regina, dopo la Compieta, ha avuto inizio nei monasteri cistercensi, da cui si é propagata in tutto il mondo cristiano. Il trattato 'Memorare' può essere considerato il compendio della devozione di Bernardo verso Maria. Per Bernardo, Maria, la 'Madre di Dio', non era un'astratta formula dottrinale, ma 'madre' prima di tutto, un tramite necessario voluto da Dio: senza di lei non c'è salvezza per l'eternità.
Durante i primi dieci anni a Clairvaux, Bernardo visse nel ritiro della vita monastica. Il suo influsso, però, attraverso le lettere che egli scriveva, si andava allargando. Il suo prestigio spirituale cominciava a prendere le redini della storia del XII secolo.
Nel 1128 partecipò, sebbene molto malato, al concilio di Troyes, e presenziò all'approvazione dell'Ordine dei Cavalieri del Tempio. Ai suoi occhi l'ideale di questo nuovo Ordine, che fondeva cavalleria e monachesimo, appariva come il vertice della perfezione umana.
L'anno 1130 è una data chiave per la vita di Bernardo: fino ad ora si è unicamente consacrato alla vita della sua comunità e del suo Ordine, ora entra, in modo attivo e decisivo, nella vita della Chiesa, aiutando a risolvere una situazione di crisi; alla morte di papa Onorio II, furono eletti, da due fazioni avverse, altrettanti papi: Innocenzo II e Anacleto II. Il primo fu costretto a fuggire e si rifugiò in Francia, a Cluny. Il re francese Luigi VI, per un pronunciamento sulla legittimità di elezione, convocò un Concilio ad Etampes al quale fu invitato anche Bernardo. Si stabilì che il pronunciamento di Bernardo dovesse essere accettato come espressione del Concilio. Bernardo si pronunciò per Innocenzo II quale papa legittimo, il quale così ottenne il riconoscimento dal re Luigi VI, da Enrico d'Inghilterra, dall'imperatore di Germania, Lotario.
Bernardo era così divenuto guida ed arbitro, rispettato e temuto, degli avvenimenti europei. Dal 1131 al 1133 seguì il papa Innocenzo consigliandolo ed aiutandolo nella riconquista della sede papale a Roma. Da quel momento, sempre più spesso la Chiesa lo chiamò per risolvere difficili dispute di potere. Sicuramente grande era l'ascendenza di Bernardo sui cavalieri del tempo, uomini forti, disposti ad ogni avventura, sensibili però ai forti ideali dello spirito. Il fascino della grande personalità di Bernardo fu motivo di numerose conversioni anche tra i potenti. Al culmine del prestigio politico, dopo aver portato a termine l'unificazione della Chiesa cattolica, egli si ritirò con gioia nella solitudine di Clairvaux.
In una lettera del 1142, Bernardo esprimeva il desiderio di lasciare Clairvaux solo per partecipare al Capitolo Generale, una volta l'anno. Oramai le forze lo stavano abbandonando. Nonostante questo suo desiderio, nel 1145 percorse la Languedoc per porre termine agli errori degli eretici e nel 1147 il papa Eugenio III, già abate cistercense delle Tre Fontane, lo incarica di predicare la seconda crociata. Così Bernardo predicò in Francia e in Germania raccogliendo un nuovo esercito destinato ad uno sfortunato destino. Bernardo accettò la sconfitta cristiana in Terra Santa come una prova di fede. Ancora una volta aveva sperimentato che le vie di Dio non coincidono con quelle dell'uomo.
Gli ultimi anni di Bernardo, ormai malato, passarono in attesa della morte. Nonostante ciò notizie di sempre nuove eresie lo chiamarono all'opera fino alla vigilia della fine, sopraggiunta il 20 agosto 1153.
Senza di lui, il secolo XII sarebbe stato, forse, diverso: ha consigliato papi, re, ed é stato una guida per gli uomini del suo tempo. Guglielmo di Champeaux, nella biografia del Santo 'Vita Prima' scrive che Bernardo «portò il XII secolo sulle sue spalle».
La storia ecclesiastica del secondo quarto del secolo XII (1123-1153) si compendia nella persona carismatica di Bernardo «Non c'è, infatti, avvenimento cui san Bernardo non sia stato interessato: Oriente ed Occidente, Chiesa e società laica, clero secolare e regolare hanno subìto l'impronta del suo genio: papi, vescovi, re, signori, contadini, operai sono stati a diverso titolo, rimproverati, moderati, flagellati come anche confortati, esortati, incoraggiati, infiammati da questo monaco ardente e impetuoso, vero inviato di Dio per strappare gli uomini al peccato, all'iniquità e al vizio, per attirarli, in seguito, verso le più alte vette dell'ideale cristiano».
Bernardo è passato alla storia soprattutto per l'apporto e l'influsso del suo pensiero, dell'esperienza di mistico che permeò tutto il basso medioevo e riaffiorò, in esigenza di autenticità e di esperienza del divino, alla metà del XV secolo nella theologia cordis, nella devotio catholica: «L'influsso religioso nei suoi tempi fu enorme; da lui dipesero tutti i mistici del medioevo e a lui attinsero a piene mani: lo si leggeva, lo si studiava quasi come sant'Agostino».
La comprensione di Bernardo è legata all'aspirazione, all'esperienza, all'ideale della vita monastica come espressione più alta della vita cristiana. Bernardo fu uomo di azione a causa delle circostanze e suo malgrado: «Egli volle essere monaco, monaco anzitutto e sempre,non aspirando che alla meditazione delle cose divine, alla pratica dell'ascetismo che, mortificando la carne e lo spirito, permette di raggiungere quel Gesù crocifisso che egli considerava compendio di tutta la sua filosofia».
L'ideale monastico di Bernardo è intimamente collegato al chiostro cistercense. Se il monachesimo è l'apice della perfezione cristiana, l'aspirazione alla vita monastica è correlata direttamente al monastero cistercense, agli ideali cistercensi, al movimento cistercense: «Extra Cistercium nulla salus».
Il primo abate di Clairvaux ha dato all'Ordine cistercense un respiro universale, permeandolo di profonda sensibilità ecclesiale. Per inclinazione e intenzione egli fu sempre un monaco; visse con forte intensità ecclesiale l'impegno dell'azione sostenuto dalla ricchezza della contemplazione.
Nel 1830, Pio VIII lo insignisce del titolo di Dottore della Chiesa. La santità di Bernardo e i suoi scritti, costituiscono l'eredità e il patrimonio dell'Ordine cistercense che sopravvive a più di otto secoli di storia. Il messaggio di San Bernardo agli uomini del nostro tempo, affamati di felicità e amore é sicuramente in questo brano del trattato 'L'amore di Dio': «Il cammino di questo pellegrinaggio terreno non si può chiamare tale se la ricerca della felicità non esce dal meschino cantuccio dell'egoismo, per immergersi nella volontà di Dio».

Fonte :

http://www.edizionielettriche.com/cistercensi/ordine/bernardo.html

http://www.mercurio.it/ales/abbazia/bernardo.htm

http://www.artcurel.it/ARTCUREL/PERSONAGGI/sanbernardodachiaravalle.htm

Teresa Benedetta della Croce Edith Stein

Teresa Benedetta della Croce Edith Stein (1891-1942)
monaca, Carmelitana Scalza, martire

















" Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell'uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, "fino a quando finalmente trovò pace in Dio"", queste parole furono pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione di Edith Stein a Colonia, il 1° maggio del 1987.

Chi fu questa donna?

Quando il 12 ottobre 1891 Edith Stein nacque a Breslavia, quale ultima di 11 figli, la famiglia festeggiava lo Yom Kippur, la maggior festività ebraica, il giorno dell'espiazione. " Più di ogni altra cosa ciò ha contribuito a rendere particolarmente cara alla madre la sua figlia più giovane ". Proprio questa data della nascita fu per la carmelitana quasi un vaticinio.

Il padre, commerciante in legname, venne a mancare quando Edith non aveva ancora compiuto il secondo anno d'età. La madre, una donna molto religiosa, solerte e volitiva, veramente un'ammirevole persona, rimasta sola dovette sia accudire alla famiglia sia condurre la grande azienda; non riuscì però a mantenere nei figli una fede vitale. Edith perse la fede in Dio. " In piena coscienza e di libera scelta smisi di pregare ".

Consegui brillantemente la maturità nel 1911 ed iniziò a studiare germanistica e storia all'Università di Breslavia, più per conseguire una base di futuro sostentamento che per passione. Il suo vero interesse era invece la filosofia. S'interessava molto anche di questioni riguardanti le donne. Entrò a far parte dell'organizzazione " Associazione Prussiana per il Diritto Femminile al Voto ". Più tardi scrisse: " Quale ginnasiale e giovane studente fui una radicale femminista. Persi poi l'interesse a tutta la questione. Ora sono alla ricerca di soluzioni puramente obiettive ".

Nel 1913 la studentessa Edith Stein si recò a Gottinga per frequentare le lezioni universitarie di Edmund Husserl, divenne sua discepola e assistente ed anche conseguì con lui la sua laurea. A quel tempo Edmund Husserl affascinava il pubblico con un nuovo concetto della verità: il mondo percepito esisteva non solamente in maniera kantiana della percezione soggettiva. I suoi discepoli comprendevano la sua filosofia quale svolta verso il concreto. " Ritorno all'oggettivismo ". La fenomenologia condusse, senza che lui ne avesse l'intenzione, non pochi dei suoi studenti e studentesse alla fede cristiana. A Gottinga Edith Stein incontrò anche il filosofo Max Scheler.

Quest'incontro richiamò la sua attenzione sul cattolicesimo. Però non dimenticò quello studio che le doveva procurare il pane futuro. Nel gennaio del 1915 superò con lode l'esame di stato. Non iniziò però il periodo di formazione professionale.

Allo scoppiare della prima guerra mondiale scrisse: " Ora non ho più una mia propria vita". Frequentò un corso d'infermiera e prestò servizio in un ospedale militare austriaco. Per lei furono tempi duri. Accudisce i degenti del reparto malati di tifo, presta servizio in sala operatoria, vede morire uomini nel fior della gioventù. Alla chiusura dell'ospedale militare, nel 1916, seguì Husserl a Friburgo nella Brisgovia, ivi conseguì nel 1917 la laurea " summa cum laude " con una tesi "Sul problema dell'empatia".

A quel tempo accadde che osservò come una popolana, con la cesta della spesa, entrò nel Duomo di Francoforte e si soffermò per una breve preghiera. " Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo
colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l'accaduto ". Nelle ultime pagine della sua tesi di laurea scrisse: " Ci sono stati degli individui che in seguito ad un'improvvisa mutazione della loro personalità hanno creduto di incontrare la misericordia divina". Come arrivò a questa asserzione?

Edith Stein era legata da rapporti di profonda amicizia con l'assistente di Husserl a Gottinga, Adolf Reinach e la sua consorte. Adolf Reinach muore in Fiandra nel novembre del 1917. Edith si reca a Gottinga. I Reinach si erano convertiti alla fede evangelica. Edith aveva una certa ritrosia rispetto all'incontro con la giovane vedova. Con molto stupore incontrò una credente. " Questo è stato il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che trasmette ai suoi portatori ... Fu il momento in cui la mia irreligiosità crollò e Cristo rifulse ". Più tardi scriverà: " Ciò che non era nei miei piani era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che-visto dal lato di Dio - non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta".

Nell'autunno del 1918 Edith Stein cessò l'attività di assistente presso Edmund Husserl. Questo poiché desiderava di lavorare indipendentemente. Per la prima volta dopo la sua conversione Edith Stein visitò Husserl nel 1930. Ebbe con lui una discussione sulla sua nuova fede nella quale lo avrebbe volentieri voluto partecipe. Poi scrisse la sorprendente frase: " Dopo ogni incontro che mi fa sentire l'impossibilità di influenzare direttamente, s'acuisce in me l'impellenza di un mio proprio olocausto ".

Edith Stein desiderava ottenere l'abilitazione alla libera docenza. A quel tempo ciò era cosa irraggiungibile per una donna. Husserl si pronunciò in una perizia: " Se la carriera universitaria venisse resa accessibile per le donne, potrei allora caldamente raccomandarla più di qualsiasi altra persona per l'ammissione all'esame di abilitazione ". Più tardi le venne negata l'abilitazione a causa della sua origine giudaica.

Edith Stein ritorna a Breslavia. Scrive articoli a giustificazione della psicologia e discipline umanistiche. Legge però anche il Nuovo Testamento, Kierkegaard e il libriccino d'esercizi di Ignazio di Loyola. Percepisce che un tale scritto non si può semplicemente leggere, bisogna metterlo in pratica.

Nell'estate del 1921 si recò per alcune settimane a Bergzabern (Palatinato), nella tenuta della Signora Hedwig Conrad-Martius, una discepola di Husserl. Questa Signora si era convertita, assieme al proprio coniuge, alla fede evangelica. Una sera Edith trovò nella libreria l'autobiografia di Teresa d'Avila. La lesse per tutta la notte. " Quando rinchiusi il libro mi dissi: questa è la verità ". Considerando retrospettivamente la sua vita scrisse più tardi: " Il mio anelito per la verità era un'unica preghiera".

Il l° gennaio del 1922 Edith Stein si fece battezzare. Era il giorno della Circoncisione di Gesù, l'accoglienza di Gesù nella stirpe di Abramo. Edith Stein stava eretta davanti alla fonte battesimale, vestita con il bianco manto nuziale di Hedwig Conrad-Martius che funse da madrina. "Avevo cessato di praticare la mia religione ebraica e mi sentivo nuovamente ebrea solo dopo il mio ritorno a Dio". Ora sarà sempre cosciente, non solo intellettualmente ma anche tangibilmente, di appartenere alla stirpe di Cristo. Alla festa della Candelora, anche questo un giorno la cui origine risale al Vecchio Testamento, venne cresimata dal Vescovo di Spira nella sua cappella privata.

Dopo la conversione, per prima cosa si recò a Breslavia. "Mamma, sono cattolica". Ambedue piansero. Hedwig CornradMartius scrisse: "Vedi, due israelite e nessuna è insincera" (confr. Giovanni 1, 47).

Subito dopo la sua conversione Edith Stein aspira al Carmelo ma i suoi interlocutori spirituali, il Vicario generale di Spira e il Padre Erich Przywara SJ, le impediscono questo passo. Fino alla Pasqua del 1931 assume allora un impiego d'insegnante di tedesco e storia presso il liceo e seminario per insegnanti del convento domenicano della Maddalena di Spira. Su insistenza dell'Arciabate Raphael Walzer del Convento di Beuron intraprende lunghi viaggi per indire conferenze, soprattutto su temi femminili. " Durante il periodo immediatamente prima e anche per molto tempo dopo la mia conversione ... credevo che condurre una vita religiosa significasse rinunciare a tutte le cose terrene e vivere solo nel pensiero di Dio. Gradualmente però mi sono resa conto che questo mondo richiede ben altro da noi ... io credo persino: più uno si sente attirato da Dio e più deve "uscire da se stesso", nel senso di rivolgersi al mondo per portare ivi una divina ragione di vivere ". Enorme è il suo programma di lavoro. Traduce le lettere e i diari del periodo precattolico di Newmann e l'opera " Quxstiones disputati de veritate " di Tommaso d'Aquino e ciò in una versione molto libera, per amore del dialogo con la moderna filosofia. Il Padre Erich Przywara SJ la spronò a scrivere anche proprie opere filosofiche. Imparò che è possibile " praticare la scienza al servizio di Dio ... solo per tale ragione ho potuto decidermi ad iniziare serie opere scientifiche ". Per la sua vita e per il suo lavoro ritrova sempre le necessarie forze nel convento dei Benedettini di Beuron dove si reca a trascorrere le maggiori festività dell'anno ecclesiastico.

Nel 1931 termina la sua attività a Spira. Tenta nuovamente di ottenere l'abilitazione alla libera docenza a Breslavia e Friburgo. Invano. Dà allora forma ad un'opera sui principali concetti di Tommaso d'Aquino: " Potenza ed azione ". Più tardi farà di questo saggio la sua opera maggiore elaborandolo sotto il titolo " Endliches un ewiges Sein " (Essere finito ed Essere eterno) e ciò nel convento delle Carmelitane di Colonia. Una stampa dell'opera non fu possibile durante la sua vita.

Nel 1932 le venne assegnata una cattedra presso una istituzione cattolica, l'Istituto di Pedagogia Scientifica di Miinster, dove ha la possibilità di sviluppare la propria antropologia. Qui ha il modo di unire scienza e fede e di portare alla comprensione d'altri quest'unione. In tutta la sua vita vuole solo essere " strumento di Dio ". " Chi viene da me desidero condurlo a Lui ".

Nel 19331a notte scende sulla Germania. " Avevo già sentito prima delle severe misure contro gli ebrei. Ma ora cominciai improvvisamente a capire che Dio aveva posto ancora una volta pesantemente la Sua mano sul Suo popolo e che il destino di questo popolo era anche il mio destino". L'articolo di legge sulla stirpe ariana dei nazisti rese impossibile la continuazione dell'attività d'insegnante. " Se qui non posso continuare, in Germania non ci sono più possibilità per me ". " Ero divenuta una straniera nel mondo ".

L'Arciabate Walzer di Beuron non le impedì più di entrare in un convento delle Carmelitane. Già al tempo in cui si trovava a Spira aveva fatto il voto di povertà, di castità e d'ubbidienza. Nel 1933 si presenta alla Madre Priora del Monastero delle Carmelitane di Colonia. "Non l'attività umana ci può aiutare ma solamente la passione di Cristo. Il mio desiderio è quello di parteciparvi ".

Ancora una volta Edith Stein si reca a Breslavia per prendere commiato dalla madre e dalla sua famiglia. L'ultimo giorno che trascorse a casa sua fu il 12 ottobre, il giorno del suo compleanno e contemporaneamente la festività ebraica dei tabernacoli. Edith accompagna la madre nella sinagoga. Per le due donne non fu una giornata facile. " Perché l'hai conosciuta (la fede cristiana)? Non voglio dire nulla contro di Lui. Sarà anche stato un uomo buono. Ma perché s'è fatto Dio?". La madre piange. Il mattino dopo Edith prende il treno per Colonia. " Non poteva subentrare una gioia impetuosa. Quello che lasciavo dietro di me era troppo terribile. Ma io ero calmissima - nel porto della volontà di Dio ". Ogni settimana scriverà poi una lettera alla madre. Non riceverà risposte. La sorella Rosa le manderà notizie da casa.

Il 14 ottobre Edith Stein entra nel monastero delle Carmelitane di Colonia. Nel 1934, il 14 aprile, la cerimonia della sua vestizione. L'Arciabate di Beuron celebrò la messa. Da quel momento Edith Stein porterà il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce. Nel 1938 scrive: " Sotto la Croce capii il destino del popolo di Dio che allora (1933) cominciava ad annunciarsi. Pensavo che capissero che si trattava della Croce di Cristo, che dovevano accettarla a nome di tutti gli altri. Certo, oggi comprendo di più su queste cose, che cosa significa essere sposa del Signore sotto il segno della Croce. Certo, non sarà mai possibile di comprendere tutto questo, poiché è un segreto ". Il 21 aprile del 1935 fece i voti temporali. Il 14 settembre del 1936, al tempo del rinnovo dei voti, muore la madre a Breslavia. " Fino all'ultimo momento mia madre è rimasta fedele alla sua
religione. Ma poiché la sua fede e la sua ferma fiducia nel suo Dio ... fu l'ultima cosa che rimase viva nella sua agonia, ho fiducia che ha trovato un giudice molto clemente e che ora è la mia più fedele assistente, in modo che anch'io possa arrivare alla meta".

Sull'immagine devozionale della sua professione perpetua dei voti, il 21 aprile del 1938, fa stampare le parole di San Giovanni della Croce al quale lei dedicherà la sua ultima opera: " La mia unica professione sarà d'ora in poi l'amore".

L'entrata di Edith Stein nel convento delle Carmelitane non è stata una fuga. " Chi entra nel Carmelo non è perduto per i suoi, ma in effetti ancora più vicino; questo poiché è la nostra professione di rendere conto a Dio per tutti ". Soprattutto rese conto a Dio per il suo popolo. " Devo continuamente pensare alla regina Ester che venne sottratta al suo popolo per renderne conto davanti al re. Io sono una piccola e debole Ester ma il Re che mi ha eletto è infinitamente grande e misericordioso. Questa è una grande consolazione" (31-10-1938).

Il giorno 9 novembre 1938 l'odio portato dai nazisti verso gli ebrei viene palesato a tutto il mondo. Le sinagoghe bruciano. Il terrore viene sparso fra la gente ebrea. Madre Priora delle Carmelitane di Colonia fa tutto il possibile per portare Suor Teresa Benedetta della Croce all'estero. Nella notte di capodanno del 1938 attraversa il confine dei Paesi Bassi e viene portata nel monastero delle Carmelitane di Echt, in Olanda. In quel luogo stila il 9 giugno 1939 il suo testamento: " Già ora accetto con gioia, in completa sottomissione e secondo la Sua santissima volontà, la morte che Iddio mi ha destinato. Io prego il Signore che accetti la mia vita e la mia morte ... in modo che il Signore venga riconosciuto dai Suoi e che il Suo regno venga in tutta la sua magnificenza per la salvezza della Germania e la pace del mondo... ".

Già nel monastero delle Carmelitane di Colonia a Edith Stein era stato concesso il permesso di dedicarsi alle opere scientifiche. Fra l'altro scrisse in quel luogo "Dalla vita di una famiglia ebrea". " Desidero semplicemente raccontare che cosa ho sperimentato ad essere ebrea ". Nei confronti " della gioventù che oggi viene educata già dall'età più tenera ad odiare gli ebrei ... noi, che siamo statì educati nella comunità ebraica, abbiamo il dovere di rendere testimonianza ".

In tutta fretta Edith Stein scriverà ad Echt il suo saggio su " Giovanni della Croce, il mistico Dottore della Chiesa, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua nascita, 1542-1942 ". Nel 1941 scrisse ad una religiosa con cui aveva rapporti d'amicizia: " Una scientia crucis (la scienza della croce) può essere appresa solo se si sente tutto il peso della croce. Dì ciò ero convinta già dal primo attimo e di tutto cuore ho pronunciato: Ave, Crux, Spes unica (ti saluto, Croce, nostra unica speranza) ". Il suo saggio su San Giovanni della Croce porta la didascalia: " La scienza della Croce ".

Il 2 agosto del 1942 arriva la Gestapo. Edith Stein si trova nella cappella, assieme alla altre Sorelle. Nel giro di 5 minuti deve presentarsi, assieme a sua sorella Rosa che si era battezzata nella Chiesa cattolica e prestava servizio presso le Carmelitane di Echt. Le ultime parole di Edith Stein che ad Echt s'odono, sono rivolte a Rosa: " Vieni, andiamo per il nostro popolo ".

Assieme a molti altri ebrei convertiti al cristianesimo le due donne vengono portate al campo di raccolta di Westerbork. Si trattava di una vendetta contro la comunicazione di protesta dei vescovi cattolici dei Paesi Bassi contro i pogrom e le deportazioni degli ebrei. " Che gli esseri umani potessero arrivare ad essere così, non l'ho mai saputo e che le mie sorelle e i miei fratelli dovessero soffrire così, anche questo non l'ho veramente saputo ... in ogni ora prego per loro. Che oda Dio la mia preghiera? Con certezza però ode i loro lamenti ". Il prof. Jan Nota, a lei legato, scriverà più tardi. " Per me lei è, in un mondo di negazione di Dio, una testimone della presenza di Dio ".

All'alba del 7 agosto parte un carico di 987 ebrei in direzione Auschwitz. Fu il giorno 9 agosto nel quale Suor Teresa Benedetta della Croce, assieme a sua sorella Rosa ed a molti altri del suo popolo, morì nelle camere a gas di Auschwitz.

Con la sua beatificazione nel Duomo di Colonia, il 1° maggio del 1987, la Chiesa onorò, per esprimerlo con le parole del Pontefice Giovanni Paolo II, " una figlia d'Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica ed al suo popolo quale ebrea".


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